La frana del 1757 a Nicosia di Sicilia.

A 260 anni dall'evento
In questa ricorrenza, è doveroso unire tutti nel ricordo, colmo di gratitudine per coloro che con il loro contributo, hanno permesso di recuperare opere d'arte di inestimabile valore, e che ancora oggi, abbiamo il piacere di ammirarne la inconfutabile bellezza.

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Il nucleo originario della città di Nicosia (bizantina) ed il suo castello (VII - IX sec.), sorgono sul monte San Giorgio, la cui posizione poteva ben salvaguardare gli abitanti, da eventuali assalti nemici e che durante i secoli non sono mancati (normanni e angioini). La roccaforte che gli arabi avevano costruito, compresi gli avamposti che iniziavano già dalla torre di avvistamento (primo piano dell’odierno campanile della Cattedrale di San Nicolò) e continuavano fino alle zone alte della città, garantivano una copertura di sicurezza, fino a quando i normanni, dopo un primo tentativo non riuscito nel 1062, espugnarono definitivamente il castello due anni dopo e con l’appoggio di un numero maggiore di soldati.
Arrivando alla disgrazia della frana del versante sud-est di Nicosia, essa risale al 1757 ancora in un periodo luminoso e degno della storia della Città, ben vista in tutta la Sicilia. Le cause della valanga, sono da ricercare negli smottamenti del materiale roccioso di arenaria distribuito verticalmente, e che ancora oggi puntella naturalmente la zona sottostante (negli anni 1972-73 un potente muro di sostegno è stato elevato proprio dove esisteva la chiesa di Santa Maria Maggiore a sostegno dell’intera zona). La disponibilità di sorgenti nel sottosuolo della città, le cui acque infiltrandosi tra le rocce, hanno contribuito ad una “complicità” naturale, determinando il conseguente scivolamento a valle dei quartieri di San Rocco e di San Luca.
La frana non ha trovato i nicosiani impreparati al fatto imminente. I segnali di avvertimento erano già stati dati nel corso degli ultimi 14 mesi, dando così la possibilità ai cittadini di mettersi al sisuro e di recuperare opere di inestimabile valore artistico, culturale e storico. I cittadini, con senso di comune accordo ed armonia fraterna, anche se nei secoli precedenti non erano mancati i contrasti etnici-religiosi ben noti, anche per le conclusioni dolorose di spargimenti di sangue tra le due fazioni di Mariani e Nicoletti (rispettivamente i primi, abitanti della parte alta di rito latino e i secondi, abitanti della parte bassa della città, di rito greco). La valanga trascinò a valle oltre 400 case, palazzi nobiliari e diverse chiese, tra cui: l’antica e splendida chiesa di Santa Maria Maggiore (consacrata nel 1267) in stile normanno-svevo e visitata nell’ottobre del 1535 dall’Imperatore Carlo V, proveniente dalla vittoriosa battaglia di Tunisi. Dal suo interno erano state recuperate opere scultoree di raffinata preziosità, quale la “cona” marmorea commissionata nel 1494 ad Antonello Gagini e montata nel 1512, il crocifisso del Padre della Misericordia (a cui i nicosiani sono devotissimi), opera in cartone romano (carta pesta) del nicosiano Vincenzo Calamaro (inizi del XVII sec.) ed ancora due acquasantiere in marmo bianco del XVI sec. Ma altre opere sono state salvate e sono tutt’oggi fruibili e custodite nella nuova chiesa, edificata in una zona più in alto.

S. Spinelli
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