IL MARTEDÌ DELL’ITRIA 
TRA FOLCLORE E RELIGIONE
di GIOVANNI D’URSO*

Tratto da Galleria
Anno III N.5 Maggio-Agosto 2022
Rassegna trimestrale di cultura, di storia patria, di scienze letterarie e artistiche e 
dell’antichità siciliane
su gentile concessione dell'Editore Società Sicilia
Direttore responsabile Alfonso Lo Cascio - Direttore editoriale Luigi Santagati 
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In alcuni centri del Meridione d’Italia, e in particolare in Sicilia, la Pasquetta si celebra non il Lunedì dell’Angelo ma il giorno successivo, e viene curiosamente denominata Martedì dell’Itria con variazioni dialettali tipo il modicano U marti ri l’Itria e il nicosiano U marte de’ l’Itria. 
Nel passato (e in alcuni casi anche ai nostri giorni) la festività aveva la peculiarità di svolgersi in aperta campagna nelle vicinanze di pozzi o sorgenti di acqua, e di chiese o contrade intitolate alla Madonna dell’Itria; era così a Modica, dove gli abitanti in tale giorno convergevano in migliaia presso la chiesetta dell’Itria, su di uno sperone roccioso rivolto ad Est, portando carne da arrostire, uova, formaggi e vino, da consumare nei pressi della chiesa; era così a Nicosia, dove la Pasquetta veniva celebrata in una campagna antistante pozzi di acqua sorgiva, ai piedi di un massiccio arenario sopra il quale era anticamente collocata una chiesa dedicata a Maria Santissima dell’Itria, chiesa la cui esistenza è documentata già nel … 1570, costruzione della chiesa a Maria Santissima alla punta della città nelli grutti di li sepulcri vicinu lu puzzu e terre de li morti spagnoli ... una chiesa sotto il titolo di lu prioratu di Maria Santissima ... concedere allu priori li terri vicini pi fari la festa nello giorno di lu martedì dopu Pasqua di ogni anno (1)
Altri esempi di questa tradizione li troviamo a Novoli (Lecce) dove è venerata la Vergine della Cutùra (del Pane) festeggiata ab antiquo il martedì di Pasqua; a Lecce dove esiste la Pasquetta del giorno dopo, il cosiddetto riu, un giorno da trascorrere con tutta la famiglia all’insegna delle scampagnate all’aperto; e anche a Castrovillari (Cosenza), Pallagorio (Crotone), Venafro (Isernia), Noicottaro (Bari) e Francavilla Angitola (Vibo Valentia) dove il martedi di festa si chiama martìngala. 
Perché in questi centri la Pasquetta si festeggia il martedì, e non il lunedì dopo Pasqua? Esistono tradizioni comuni che possano spiegare la peculiarità di tale tradizione? E perché la denominazione Itria? Proviamo a ipotizzare una possibile risposta! Il culto della Madonna dell’Odigitria La Madonna dell’Odigitria, venerata tanto in Oriente quanto in Occidente, è tra le icone più celebri della Madre di Dio; secondo tradizione, l’evangelista Luca dipinse le prime tre icone mariane, dopo la Pentecoste, quando la Vergine era ancora in vita, e tali icone rappresentarono in seguito le tre tipologie principali delle morfologie mariane:

* Storico di Nicosia (EN) e membro della Società Sicilia. 
1 Libro delle Grazie e privilegi, Biblioteca Comunale di Nicosia, foglio 308.


1. la Madre di Dio Eleousa (Colei che intenerisce, la Misericordiosa): la Vergine reca il bambino sul braccio sinistro, e china il capo verso di Lui in segno di affetto; il Bambino le si stringe ed è rivolto verso di Lei; 
2. la Madre di Dio del Segno: la Madonna è rappresentata frontalmente, con gli avambracci sollevati, in atteggiamento di preghiera; il Cristo-Bambino è dipinto sul petto della Madre, spesso contornato dalla cosiddetta mandorla, simbolo dell’eternità e della gloria celeste; 
3. la Madre di Dio Odigitria (Colei che indica la Via): la Madonna sostiene il Bambino con il braccio sinistro, lo indica con la mano destra, e lo sguardo di entrambi è rivolto verso il fedele. 
L’icona tipo Odigitria era collocata originariamente ad Antiochia dove, nel 438 d.C., venne prelevata da Eudosia (2) , moglie dell’imperatore Teodosio II, e inviata a Costantinopoli alla cognata Pulcheria la quale, con la collaborazione del fratello, fece erigere nella capitale il Monastero dell’Hodegon (con associata basilica mariana), i cui monaci svolgevano la funzione di guide (Odeghi od Odigoi), accompagnando i malati ciechi presso una vicina fonte che si riteneva avesse qualità terapeutiche e potesse restituire il dono della vista; per tale motivo, l’icona della Madre di Dio conservata e venerata nella chiesa degli odigos, venne denominata Madonna dell’Odigitria (3)
Il suo culto fu alimentato dalla stessa imperatrice Pulcheria che stabilì una devozione particolare verso la Madre di Dio nel giorno di martedì perché, per dogma stabilito dal Concilio di Efeso del 431 d.C., la Divina Maternità era avvenuta in tale giorno, e anche perché il martedì successivo alla Pentecoste, per intercessione della Madonna, Costantinopoli avrebbe sconfitto i Persiani che avevano posto sotto assedio la città. 
Fu così che l’Odigitria venne elevata a palladio della città, cioè a simulacro dai poteri difensivi che veniva portato in processione per le vie della città ogni martedì successivo alla Pentecoste.
L’originale icona dell’Odigitria venne distrutta dai Turchi nel 1453 d.C., quando la città di Costantinopoli fu da loro espugnata


2 Essa aveva intrapreso un viaggio in Terra Santa per sciogliere il voto che aveva fatto quando la figlia Licia, il 23 ottobre del 424, si era fidanzata con Valentiniano, poi proclamato imperatore d’Occidente il 23 ottobre 425. 
3 Il nome Odigitria potrebbe anche essere rivolto alla Madonna che spinge gli Apostoli, dopo la Pentecoste, ad andar per il mondo a portare la parola di Dio: in tal senso l’Odigitria (nella sua variante latina iter/itineris) simboleggia il cammino dei fedeli


Il culto della Madonna dell’Odigitria in Occidente

 La Madonna Odigitria è tra le icone più celebri della Madre di Dio riprodotte in Occidente; la sola città di Roma ne possiede una decina, la più antica delle quali (secolo V-VI) si conserva nella chiesa di Santa Maria Nuova, detta anche Santa Francesca Romana. 
In Puglia tale culto è molto sentito, in particolar modo nella Valle d’Itria; nella Regione la Madonna è stata affiancata a San Nicola di Myra quale coprotettrice della città di Bari, dove ogni anno è celebrata con solennità il primo martedì di marzo, secondo antica tradizione e con il solenne ottavario che la prolunga, caratterizzato dai pellegrinaggi delle parrocchie dell’arcidiocesi. Una devozione particolare la troviamo anche Novoli (Lecce) dove è custodito, presso la chiesa dell’Immacolata, l’affresco di una Madonna Odigitria Olosoma, del cui ciclo pittorico fa parte anche la Vergine della Cutùra (del pane) festeggiata anticamente il martedì di Pasqua. 
Anche in Sardegna il culto verso la Madonna d’Itria è presente in numerose località, ed è legato alla tradizione religiosa ortodossa; a Villamar, ogni terza domenica di agosto, si celebra solennemente la Madonna d’Itria con tre giornate di festa; a Portoscuso la festa della patrona Santa Maria d’Itria si svolge il martedì di Pentecoste; a Guasila i festeggiamenti hanno luogo il lunedì ed il martedì successivi alla domenica di Pentecoste. 
In Campania ritroviamo diversi modelli iconografici dell’Odigitria, come ad esempio nell’edicola di S. Maria dell’Idria della Crypta Neapolitana del “Santuario di Piedigrotta”; secondo il canonico C. Celani, già nel Seicento, la Madonna dell’Odigos era denominata anche Santa Maria dell’Idria perché ai suoi piedi era curiosamente dipinta un’idria, cioè un tipico vaso greco per acqua. 
In Sicilia, la Madonna Odigitria è anche patrona dell’Isola, ed è ricordata dalla liturgia il martedì che segue la domenica di Pentecoste; tale culto, già documentato ai tempi dell’Imperatore Giustiniano (527-565), oltre ad essere diffuso nei centri palermitani della Piana degli Albanesi (dove insiste una minoranza greca-ortodossa emigrata in Sicilia nel XV secolo, con dialetto, costumi e riti orientali d’origine), lo ritroviamo presente non solo nelle principali città dell’Isola (Palermo, Messina, Catania, Enna, Siracusa e Agrigento) ma anche in centri più piccoli (Nicosia, Acireale, Piazza Armerina, Modica, Noto, Mazzarino, Barrafranca, Delia, Palazzolo Acreide, Buscemi, ecc). 
L’icona più riprodotta più diffusa nelle chiese siciliane è quella della Madonna col Bambino in braccio che poggia su una cassa tenuta a spalla da due basiliani perché, per tradizione, durante l’assedio di Costantinopoli da parte dei Saraceni nell’anno 718 d.C., dopo aver collocata l’immagine della Madonna Odigitria su una cassa e dopo averla condotta in spiaggia, due monaci basiliani la esposero verso la flotta nemica; dopo le preghiere dei suoi devoti, improvvisamente il mare si agitò e così la flotta saracena fu dispersa. I soldati siciliani che si trovavano a Costantinopoli a fianco dei cristiani, al loro ritorno in Sicilia in ricordo di così grande prodigio, fecero allora dipingere l’Odigitria sopra una cassa tenuta dai due bei vecchioni (in lingua greca kalogeroi). 
E così come in Campania, anche in Sicilia alcune chiese mariane dell’Odigitria (come quella di Viagrande, ma anche a Catania, Biancavilla, Acireale, Aci Bonaccorsi, Mascali, Acireale, ecc) portano il titolo di Santa Maria dell’Idria, equivalente a quello di Santa Maria della Salute o di Santa Maria dell’Acqua Salutare o dell’Acquasanta o dell’Acquaviva. 
Perché tale denominazione? 
Esaminando l’area di distribuzione di questo culto, si osserva che esso, oltre a riscontrarsi in luoghi che un tempo facevano parte dei domini bizantini, si ritrova altresì presso santuari nelle cui vicinanze è presente una sorgente o un pozzo alla cui acqua vengono attribuite proprietà terapeutiche; ad esempio a Nicosia, per antica tradizione, l’acqua dei Pozzi dell’Itria presenti sotto l’antica chiesa delle Madonna dell’Itria, veniva usata dalle persone per bagnare bambini nati con malformazioni, nella convinzione che essa li potesse guarire. 
Questi luoghi sono accomunati anche dall’evidenza che le chiese, in essi presenti con tale titolo, spesso erano state edificate su preesistenti luoghi di culto la cui costruzione è da ascrivere ad epoche più antiche. 
Queste riflessioni, oltre a far risalire alla dominazione bizantina l’origine del Martedì dell’Itria nei centri dove essa veniva o viene ancora festeggiata (e quindi essere ad esempio una prova indiretta dell’origine bizantina di Nicosia), si spingono anche a considerare la sua tradizione come diretta conseguenza della cristianizzazione di antiche festività pagane. 

La Madonna dell’Odigitria nella cristianizzazione del paganesimo 

La denominazione itria o idria (cioè l’indicazione dell’acqua = idos in greco), collegata al culto della Madonna dell’Odigitria, può trovare origine e spiegazione nella sovrapposizione cristiana ad un analogo culto pagano con il quale si veneravano divinità legate alla natura e alla fertilità; accettando tale l’ipotesi, i luoghi di culto dell’Odigitria non possono che essere sorti su templi o in edicole dedicati: 
·in periodo sicano, a Shemy (dea della Terra) e a Inysh (dea dell’acqua);
· in periodo greco, a Demetra e Kore; 
· in periodo romano prima ad Afrodite, poi a Cerere, ed infine alle dee Artemide e Diana (conosciute entrambe anche con l’epiteto La Vergine). 
Il termine idria in lingua greca indicava la giara o l’anfora, cioè il recipiente a tre manici che serviva un tempo per la conservazione dell’acqua nelle abitazioni; e poiché, prima del Cristianesimo, l’idria, nella forma di vaso, rappresentava anche l’ex-voto che la puerpera portava al tempio delle Meteres dopo il parto, l’anfora finiva con il simboleggiare l’utero, organo dove si sviluppa la vita, indicato in greco con il termine isteros, e in semitico antico come gyrra, da cui deriva il termine siciliano giara.
L’idria-vaso rappre-senta quindi la funzione di contenere e mantenere la vita (nell’acqua), e di proteggere e nutrire (cibo); l’Idria sarebbe quindi un richiamo al culto della fecondità, rappresentato durante il periodo antico dal culto delle meteres Demetra e Kore, che avrebbe a sua volta sostituito, nella Magna Grecia, quello più antico preindoeuropeo delle Nyshy, dee al tempo stesso della vita e degli inferi. 
Una conferma di questa ipotesi viene data dalla tradizione del Festival popolare di Piedigrotta, una festa popolare che ricorre a Napoli l’8 Settembre; in tale luogo, ai piedi di una grotta (Piedigrotta), è collocata la colossale Crypta Neapolitana (detta anche Grotta di Pozzuoli o Grotta di Posillipo), il cui ingresso principale (nel Parco della tomba di Virgilio) si prolunga in una lunga galleria artificiale scavata nel tufo della collina di Posillipo, tra Mergellina e Fuorigrotta; per i napoletani quell’immenso traforo è stato trasfigurato, per la sua forma stretta e angusta, in un simbolo materno-uterino, metafora della fertilità e del passaggio tra la morte e la vita; infatti, nell’antichità, nelle sue immediate vicinanze era stato costruito un piccolo tempio dedicato a Priapo (4) , le cui pratiche pagane furono poi sostituite da quelle cristiane della Madonna dell’Idria (o Odigitria). La festa in suo onore divenne un’occasione per fare una scampagnata nella bellissima Mergellina e, poiché in attesa di entrare nella chiesa per inginocchiarsi di fronte all’altare della Madonna, i napoletani ballavano e cantavano davanti alla grotta illuminata con torce, nacque l’usanza di una sfida canora tra i vari gruppi di pellegrini e questa pratica si consolidò sempre di più nel corso del tempo, trasformandosi poi nel Festival di Piedigrotta. 
Con il Cristianesimo, dopo il Concilio di Efeso del 431 d.C., a questi culti pagani si sarebbe quindi sovrapposto quello mariano e, durante la dominazione bizantina nel Meridione d’Italia, il culto si sarebbe focalizzato sulla Madonna dell’Itria. 
La Vergine Maria divenne così la candidata naturale a riempire il vuoto lasciato nelle tradizioni locali dalle divinità pagane, e il suo culto attecchì in particolare sulle antiche tradizioni contadine, che lo invocavano a protezione della fertilità della terra; si fondarono così santuari o piccoli templi dedicate alla Madre di Dio che divenne spesso matrona delle sorgenti curative (come nell’Odigos di Costantinopoli), intitolati di volta in volta alla Madonna del Popolo, o delle Grazie, o delle Nevi, o delle Piogge, o della Misericordia; e quando i raccolti dell’annata erano minacciati dalle condizioni atmosferiche, i contadini ricorrevano all’esposizione della Vergine Maria dell’Itria per ottenerne la protezione (5) !•

4 Priapo è un’antica divinità greca e romana, rappresentata come un piccolo uomo barbuto dotato di un fallo enorme, simbolo dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile, e quindi anche della fecondità della natura. 
5 Ai nostri giorni, in Sicilia, a Favara, cittadina agricola in provincia di Agrigento, in periodi di siccità, per ottenere la grazia della pioggia, i contadini organizzano una processione per trasportare il simulacro della Madonna dell’Itria dalla sua chiesa periferica fino alla Chiesa Madre, nella quale per l’occasione si prega per ottenere la grazia richiesta.