Tratto da:

Nicosia
Itinerari
di civiltà rupestre

di Antonino Campione
su gentile concessione dell'autore

Lancilotto e Ginevra Ed. 2002
Corso Umberto, 282 Leonforte (En)
telefax 0935.905247

in libreria € 17,00 pp. 111

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Insediamenti intra moenia

Il Castello

II castello di Nicosia è situato sulla rocca più alta della città. Per visitarlo, vi si può accedere dal centro urbano attraverso una serie di tortuose viuzze, oppure in macchina dal bivio Crociate salendo per la panoramica Via San Simone. Subito dopo le curve di questa lunga via si svolta a destra e si entra nella rota­bile che porta appunto al castello.
Arrivati a quota 814 ci si trova davanti all'imponente ponte normanno con l'arco a sesto acuto sull'esterno e a sesto ribassato nell'interno. Il ponte è fian­cheggiato da due torri per la guardia alla porta. Sull'arco si nota ancora una nic­chia a forma di scudo che nel passato dovette certamente contenere uno stemma.
Entrati dalla Porta del ponte (in dialetto Porto ponto 'Porta del Punto') e scendendo un poco sulla sinistra dentro a un grande spiazzo chiamato Piano Noci o degli Armati c'era la porta d'ingresso al castello con la cinta muraria. In questo spiazzo, fino a qualche anno fa, si poteva notare un pozzo, stretto nel­l'imboccatura e largo sul fondo, con accanto una buca della quale non fu pos­sibile esplorare l'andamento. Poi, sia il pozzo che l'imboccatura attigua e una serie di grotte adiacenti furono distrutti in occasione dei lavori di costruzione dei serbatoi idrici dell'Acquedotto dell'Ancipa. In quell'occasione anche una parte della cinta muraria interna andò distrutta.
Salendo per un piccolo sentiero verso est si arriva al Castello grande, a quota 874. Esso era composto da quattro torri a più piani dove abitavano tutti gli armati. Scendendo da questo colle, attraverso uno stretto corridoio, si arri­va sopra il ponte di cui si è già detto. Questo è lungo 80 metri ed è protetto da una merlatura per la difesa, su entrambi i lati.
Sulla scarpata del Castello grande, a ridosso del ponte si trova la leggen­daria grotta del Nigrò, una parola greca che significa "(grotta del) morto".
Attraversato il ponte, salendo per una scaletta scavata nella roccia si arriva, all'altro colle (quota 866) su cui sta il Castello piccolo, in cui abitava il castella­no con la famiglia. Questo era composto da tré torri, una a più vani e due ad unico vano, una meridiana scavata nella roccia e due cisterne ormai semisepolte.
Allo stato attuale, di quello che fu un forte baluardo di difesa sopravvivo­no una buona parte delle fondamenta delle mura di cinta, le fondamenta di quasi tutte le torri, alcune scalette scavate nella roccia, la meridiana ed il gran ponte di collegamento. Ogni tanto s'incontrano tra muro e muro, ma solamente dalla parte inter­na, a livello di terra, alcune buche profonde — trabocchetti, serbatoi d'acqua o cunicoli — rivestiti di buon intonaco.
Qua e là, fuori le mura, si trovano ruderi di piccole costruzioni quadrate che fanno pensare a torri di avvistamento per la difesa.
Le muraglie riempiono di meraviglia. Ve ne sono dello spessore di duemetri ed altri di meno ma la muratura è talmente fìtta e tenace che, nonostante il tempo e le intemperie a cui è esposta, diffìcilmente riesce a sgretolarsi.
Storicamente il castello di Nicosia ha origini antichissime. Dovette certo essere l'acropoli di una città sicula (forse Engyon o forse qualche cittaduzza di cui non ci è giunto il nome).
Nel perimetro del Castello e nelle immediate vicinanze si sono trovati reperti fìttili che risalgono al VII secolo avanti Cristo. Poi, secondo una tradi­zione locale che ha bisogno di essere ben interpretata, su queste alture in perio­do postbizantino avrebbero riparato i superstiti della distruzione di Erbita da parte degli Arabi. A questi si sarebbero uniti via via anche gruppi arabi. La porta più antica della cittaduzza si chiama ancora — arabicamente, come il Prof. Salvatore Trovato ha mostrato — Porta Abbia, e cioè 'Porta Porta'.
Nel 1062 tentò la conquista della cittaduzza il Conte Ruggero, ma dovette rinunciarvi perché i Greci di Troina, in sua assenza, si ribellarono alle anghe­rie delle soldataglie normanne, che non lasciavano tranquille le donne troinesi. Il Conte tornò a Nicosia tré anni dopo e questa volta riuscì a prenderla. Subito dopo ricostruì il castello e lo fortificò.
Da quel momento il Castello fu adoperato dalle varie dominazioni della Sicilia (Svevi, Aragonesi, ecc.) fino a quando, coi Borboni, non divenne carcere.
Con l'unità d'Italia, e in seguito alle leggi eversive del 1866, il carcere venne trasferito sul Colle dei Cappuccini. Il Castello venne definitivamente abbandonato e le forze demolitrici della natura e quanti tra gli abitanti della zona ebbero bisogno di materiali da costruzione, fecero il resto.
Sul versante di sud-est, a qualche centinaio di metri dal Castello, si trova la chiesetta di San Nicolo il Piccolo (o di Santa Nicolella). Essa è angusta come dimensione e rozza di costruzione, con certi affreschi appena visibili, brutti ma sicuramente bizantini.
Sul versante settentrionale, per un viottolo, si accede ad un sito in cui sono scavati pozzi, cunicoli per la raccolta delle acque e buche con un sistema per lavare indumenti. Uno di questi cunicoli immette in una grotta sottostante, a tré vani, con una trentina di giacigli. Si potrebbe pensare ad una serie di tombe, ma è più credibile che si tratti di una prigione come fanno pensare le boccole accanto a ciascun giaciglio, per legarvi i prigionieri.
Tutta la scarpata rocciosa è cosparsa di vani scavati nella roccia. Si tratta di tombe antichissime, preelleniche la maggior parte, anche se in epoche suc­cessive riutilizzate.
Su una della scarpate, dal lato di occidente, in corrispondenza del Castello piccolo si trova un grande anfratto dove è scavato un fonte, che nelle annate piovose si riempie d'acqua. L'anfratto è chiamato «dell'acqua delle arance». Non si tratta, però, di un'acqua dal particolare sapore di arance, come taluni sono portati a credere, ma di un'acqua in cui, nel tempo in cui ricevette questo nome, si trovavano granchi di acqua dolce (nel sic. aranci).Un parco ben sistemato a cura del Comune valorizzerebbe appieno questo sito che nel corso degli ultimi secoli non ha subito altro che l'incuria e il disinteresse degli uomini.
Antonino Campione
referenze fotografiche: Santo Spinelli