EOLICOUN DON CHISCIOTTE DEL TERZO MILLENNIO
PER LA PROVINCIA DI ENNA

di Liborio La Vigna
su proposta e gentile concessione dell'autore,
tratto da: Rivista TAVI del LIONS CLUB LEONFORTE (En)
Anno Sociale 2006/07 - Maggio 2007

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Sembra che la Sicilia sia destina­ta ad occupare i primi posti nella graduatoria dei costruendi impianti per la produzione di energia rinno­vabile. Sclafani Bagni, Caltavuturo, Valledolmo e Nicosia nel centro Nord, Caltabellotta a Occidente, Carlentini a Oriente, Agrigento a Sud, sono sette centrali eoliche già funzionanti. Con una potenza effi­ciente totale di 203 MW e con torri alte più di sessanta metri, sovrasta­no già con la loro mole monti, paesi e terreni circostanti.
In provincia di Enna la sola cen­trale di Nicosia, con 55 aerogenera­tori, esprime una potenza pari a 46,8 MW e una producibilità media annua di 102 GW/h in grado di sod­disfare il fabbisogno energetico di 40.000 famiglie.Più di cento sono i progetti pron­ti ad avere il via libera dalla Re­gione Siciliana, che in materia ener­getica ha competenza legislativa esclusiva, e molti altri sono in fase di studio e di realizzazione.
Nella sola provincia di Enna, i comuni di Troina, Cagliano Castel-ferrato, Regalbuto, Centuripe, Assoro - e sembra anche Piazza Armerina - hanno avuto già i permessi e a breve termine accoglieranno i relativi impianti. L'importanza del­l'iniziativa imprenditoriale, la va­lenza dell'energia rinnovabile, gli impegni a livello mondiale per la riduzione delle emissioni in atmo­sfera in conformità al protocollo di Kioto, e non ultimo il decreto assessoriale del 28 aprile 2005, numero 10425, sono i fattori inoppugnabili contro cui nessuna Soprintendenza sembra avere cognizione e compe­tenza in materia.
La proliferazione degli impianti pone così in secondo piano progetti e programmi sino a ieri ritenuti di basilare importanza per lo sviluppo delle risorse naturali del territorio. In provincia di Enna, la Valle del Dittaino, che doveva rappresentare la principale area di sviluppo indu­striale dell'intero suo territorio, diventerà ora punto di riferimento per la ricerca, sviluppo e produzio­ne di fonti di energia alternativa e tra Catenanuova, Centuripe, Regal­buto, Castel di Judica e Raddusa (la terra del grano), sorgerà un impian­to per la produzione di energia dalle masse vegetali (biomasse).
Nell'area adiacente alla ormai dis­messa centrale solare "Eurelios" di Adrano saranno invece collocati dei nuovi giganteschi pannelli fotovoltaici.
La corsa all'impianto alternativo è così diventata fonte di affari e di profitto attorno a cui girano svariati milioni di euro.
Il disagio economico in cui ver­sano oggi i Municipi e l'allettante appannaggio concesso dalle società costruttrici a sindaci e proprietari per l'uso trentennale dei terreni, favoriscono il dilagare delle richie­ste e fanno comprendere la vera causa scatenante di questa smania che nulla ha a che vedere con la responsabile osservanza del proto­collo di Kioto!.
I pali anemometrici degli impianti eolici sono diventati la caratteristica principale delle nostre zone e fagocitano inesorabilmente la prerogativa (nel bene e nel male), di ultimo lembo di terra ancora inte­gro e ben conservato della Sicilia.
Alti e superbi si ergono tra le Madonie e i Nebrodi a Nord e gli Erei a Sud. I mostri d'acciaio coro­nati da enormi pali la fanno da padroni dove comuni emarginati della provincia di Catania e altri emarginati della provincia di Caltanissetta costituirono nel lonta­no 1926, appena ottant'anni fa, l'at­tuale provincia ennese. Sorgono su quel lembo di Sicilia dove i treni con le poche stazioni ormai chiuse non fermano più, dove strade tortuose e ripide conducono a paesi dalle tradi­zioni secolari, dove storie e prodotti tipici sono offerti al raro turista che ha la ventura di arrivarci, dove le acque argentate dei laghi riflettono l'azzurro del cielo e le turrite mura di castelli diroccati sfidano incontra­stati la fugacità del tempo, dove nel­l'aria risuonano le grida straziate di Demetra alla ricerca della diletta figlia Kore, dove grandi estensioni di terra seminata a grano si alternano a boschi riserve e parchi archeologi­ci, dove un recente ateneo intitolato a Kore, (quarto polo universitario isolano), muove i suoi primi passi e inorgoglisce e incoraggia i giovani dell'hinterland che lo frequentano.
In qualche parte di questa nostra Bell'Italia o del Mondo, qualcuno, "energicamente", ha deciso che la Sicilia diventi una piattaforma ener­getica e che il suo entroterra, tanto dimenticato quanto ancora integro nel suo ecosistema, venga sacrifica­to sull'altare dell'innovazione e del "bene comune".
C'è chi ha già pensato a una sede e un'agenzia direttiva a Enna, nell'Umbilicus Siciliae, in un partneriato che vede assieme Regione Siciliana, Provincia, Madrid in Spagna (?), Maribor in Slovenia (!) e la Provincia di Benevento(?!).
E intanto la fretta con cui i "par­chi eolici" sorgono evidenzia la len­tezza con cui procedono i lavori per il completamento della Nord-Sud, quella fantomatica strada dei Due Mari (Tirreno-Mediterraneo), che da trent'anni aspetta ancora di esse­re ultimata.
E' strano!, nessun sindaco è stato colpito dalla sindrome del Nimby:
(letteralmente not in my back yard) "non nel mio giardino di casa".Quasi tutti vi aderiscono felici e pimpanti per promuovere, giustifi­cano, il consumo razionale dell'e­nergia, per tutelare l'ambiente, incrementare il turismo e procurare occupazione e sviluppo per il terri­torio.
Argomentazioni acconcie e ornate che celano, a malapena, la sconoscenza della realtà!. La Sicilia è bene che si sappia produce un sur­plus di energia elettrica rispetto al suo fabbisogno e il 15% viene cedu­ta al Continente. Dei 21 milardi di metri cubi di gas metano all'anno provenienti dai condotti sottomarini dall'Africa e passanti dalla Sicilia, soltanto il 16% è trattenuto nell'i­sola, il restante 84% raggiunge il Continente. Le raffinerie presenti in Sicilia producono già una quantità di benzina e di gasolio equivalente al 40% dell'intero fabbisogno italia­no. La presenza di impianti di pro­duzione di energia termoelettrica e di raffinerie è già molto elevata e nei nostri cieli la concentrazione di inquinanti eccede del 21,6% i livel­li di emissione individuati come obbiettivo dal Protocollo di Kioto.
La Sicilia da tempo è la locomo­tiva del treno Italia e in questo treno la sua gente ha occupato sempre l'ultimo vagone, eppure si vuole continuare a concentrare nell'isola altri impianti.
I nuovi impianti alternativi non sostituiranno quelli tradizionali esi­stenti, ma si sommeranno ai vecchi continuando a produrre e inquinare finché le riserve energetiche tradi­zionali ancora disponibili non saranno definitivamente esaurite!.
Si argomenta alla nostra gente che la tecnologia più avanzata con­sentirà sviluppo e ricchezza, quando sappiamo benissimo come ricchez­za e sviluppo abbiano da sempre soggiornato lontano da questa terra.
Il divario sempre crescente fra Nord e Sud è palese e incontestabi­le.
Le promesse di Enrico Mattei a Cagliano C. Ferrato di fabbriche e aziende in grado di occupare migliala di lavoratori e di far tornare gli emigranti, sono vive nella popola­zione e bruciano ancora.
La scoperta del metano nel 1962 e l'insediamento dello stabilimento per la produzione di abbigliamento della Lebole, sono esperienze che hanno intaccato profondamente la nostra gente.
A quel tempo si trivellarono diecine e diecine di pozzi e si estrasse una enorme quantità di metano, si costruirono oleodotti per il trasporto del gas alle raffinerie di Termini Imerese e di Gela, ma di fabbriche... neppure l'ombra.
Tutti ricordano che si fece ricor­so alla ribellione e negli scontri con la polizia tanti furono i feriti e gli arrestati.
L'accordo raggiunto dalla Re­gione Siciliana e l'Eni consentì l'a­pertura dello stabilimento tessile con 400 lavoratori in gran parte donne.
Da una realtà ad economia agra­ria in ritardo di sviluppo si passò ad un breve periodo di illusorio benes­sere. Oggi la fabbrica non c'è più e l'assistenzialismo, la disoccupazio­ne, l'emarginazione e l'emigrazione regnano incontrastati.
Non è in discussione la scelta energetica alternativa, bensì il modello di crescita socio economi­co che si vuole dare il Paese e il ruolo che si vuole attribuire alla Sicilia.
Lo "sviluppo sostenibile" che si vaticina, deve consentire a tutti il soddisfacimento dei propri bisogni ma deve garantire il rispetto dei diritti umani, deve anche combatte­re l'ingiustizia che la Sicilia ha sem­pre subìto e il disinganno di cui ha sempre sofferto.
Le risorse naturali della Sicilia sono tante; utilizzarle, non lascian­do sempre ad altri la opportunità di trarme il maggior profitto, deve accompagnarci nelle sfide di questo terzo millennio imprevedibile e sempre più preoccupante.

Liborio La Vigna