IL MONASTERO DEI BENEDETTINI
E LA CHIESA
DI SANTA MARIA DEL SOCCORSO
1378

località Diavolazzo in agro di Nicosia
di Antonino Campione
fotografie di Santo Spinelli
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La valle del fiume Salso è posta a 4 Km. a sud della città di Nicosia. Nel passato essa era attraversata da trazzere di grande comunicazione: quella proveniente da Nicosia, detta di Serra Battaglia, per le note fazioni che divisero a lungo la città, immetteva a Nicosia per la Porta Coniglio, da cui muoveva pure la trazzera per Troina.
La trazzera del Canale fu attiva fino al 1903; di essa restano ancora le tracce che si inerpicano per tortuosa salita fino a San Giovanni. Una deviazione di questa trazzera attraversa la contrada Marenga. Oggi la vallata è raggiungibile da questa consorziale e da altre stadelle e piste rotabili, accessibili dalla contrada San Giovanni le quali si affacciano su paurose pendici che dai 750 metri s.l.m. della portella di S. Giovanni scendendo fino ai 491 metri sul letto del fiume Salso.
Essa è composta dalle contrade Farinato, Maritana, San Giovanni, Salinella, S. Maria la Nuova sul versante meridionale, e dalle contrade Gessi, Marengo, Fontana di Piazza e Canale sul versante settentrionale.
Il fondovalle è in massima parte pianeggiante, fertile, ricco e ridente per vegetazione di ulivi, alberi da frutto, grano e legumi. Tutta la campagna è popolata di casupole, che fanno da cornice al fiume. Qui si svolgeva la vita degli antichi contadini, nella serena pace dei campi, interrotta solo dallo scroscio dell'acqua del fiume. La zona è piena di roccia bianca calcarea, l'acqua che sgorga è salmastra ed amara. Molte furono in passato le miniere attive in questa vallata, famose furono anche le numerose fornaci di gesso. Secondo il Beritelli La Via, da qui furono tratte le 8 colonne che sorregono il portico e i gradini dell'altare maggiore del Duomo, le balaustre dei cori di numerose chiese di Nicosia e le pietre per costruire i palazzi della città. Molte anche le cave di sale, che si esportava nei paesi vicini, le pietre bituminose e l'argilla adoperata per la costruzione di tegole, mattoni, pentole e tegami, cotti in fornaci che sorgevano nei pressi.
Meritano particolare attenzione un tipo di argila detta «saponaria» e la sorgente d'acqua di monte Canalotto, piena di particelle bituminose e di colore di odore di pece. Il nome di pece dato alla contrada deriva proprio da questo odore caratteristico.
Spesso qui si viene per gare sportive di pesca. Questa campagna è ricca di storia e di arte; molti furono i nobili che vi posero le loro dimore. Si vuole pure che in contrada S. Maria del Soccorso avesse una sua piccola residenza di campagna il madrigalista Pietro Vinci (l'attuale casa Provenzale).
Nel lontano 1378 in Santa Maria del Soccorso, vennero a stabilirsi alcuni frati benedettini giunti a Nicosia dal monastero di Gangi vecchio verso il 1300 e stabilitisi in un primo momento nel convento annesso all'attuale chiesa di San Benedetto.
Il priore Tommaso Maselino, ebbe le terre del Soccorso dal barone Rainaldo Salomone e dalla moglie Beatrice (nel 1373), perchè con i proventi potesse presto costruire il convento. Il feudo donato si trovava in contrada Farinato 5 Km. a sud della città. Qui i monaci benedettini fondarono il monastero ed eressero la chiesa a S. Maria del Soccorso.
Agli inizi del Cinquecento la chiesa ebbe una statua in marmo della Vergine, opera del Gagini, donata dal nobile Vincenso La Via, barone di Buttero. Con la benedizione della chiesa alla Madonna del Soccorso, la contrada smise di essere denominata col nome di Farinato e cominciò ad essere chiamata Santa Maria del Soccorso (in dialetto Soncorso).
Successivamente, qualche chilometro più a nord, venne costruita un'altra casa a supporto del convento per incassare le gabelle della parte alta del feudo. Essa esiste ancora in discrete condizioni. Sul finire del 1600, a causa della poca salubrità del posto e dopo più di 50 anni di incertezze, il monastero venne abbandonato e lasciato al governo di un sacerdote nominato dal priore generale. Ciò al fine di non incorrere alla clausola della donazione, per la quale il feudo se abbandonato dai monaci sarebbe tornato ai donanti. Abbandonato definitivamente dopo le leggi eversive del 1866 che abollirono i possedimenti ecclesiastici, il feudo divenne proprietà dei Nicosia e poi degli Speciale; poi, negli anni Cinquanta fu venduto ad altri privati.
Per visitare la vallata ci si arriva da via S. Benedetto e via S. Anna e si percorre poi la strada consolrziale Canalotto-fiume Salso. Da qui una stradella privata porta a poche decine di metri dal monastero, una colossale opera medievale che nonostante i secoli trascorsi conserva l'originaria struttura. È costruito con pietra di diversi tipi (arenaria, calcarea, lavica), mentre gli intagli sono fatti di pietra grigia di San Giovanni. Tutto il complesso è costituito da due settori: una parte occidentale formata da una grande struttura, forse un salone con attorno alcuni piccoli ambienti, e una parte meridionale di consistente grandezza. Vi si accede da una porta quadrata e a questa mediante un corridoio con alcuni gradini si arriva ai resti di quello che fu il vero complesso di 20 celle. Nella cucina si notano i resti del forno e della fornace. Accanto ad esso ci sono ancora due ambienti ed una nicchia. Al centro, tra le due ale, c'è una scala che conduce alla parte alta. La scale è formata da cinque rampe con 40 gradini, ed è in parte conservata.
Entrado si trova un ingresso da cui si accede ad altre sette stanze una delle quali con volta a crociera, mentre in un'altra si notano le mensole di un ballatoio crollato.
Gli archi delle porte d'ingresso sono a forma di trifoglio e il pavimento in terracotta.
All'esterno, all'altezza delle finestre, si nota un cornicione sporgente. A poca distanza, non più di quaranta metri, sorge la chiesa dove sono ancora visibili l'altare e le pitture delle pareti in buone condizioni; sotto i calcinacci si notano il pavimento a mattoni dipinti di fine Cinquecento, oltre che un cornicione con due nicchie laterali. A duecento metri dalla chiesa si trovano un chiosco a quattro archi e una settecentesca casa baronale.
Nelkla parte alta del fiume, sorge l'altro edificio benedettino composto da una struttura a due piani, in pessime condizioni, Vi si accede da una stradella che parte dalla portella di S. Giovanni. Da questa strada si arriva anche alla casa di campagna del barone di Salinella, costruita in bugnato di pietra con ceramiche di terracotta.
(12 luglio 1998 - A. Campione)