Giuseppe La Motta di Salinella, un poeta sconosciuto
di Salvatore C. Trovato (nicosiano)
ordinario di Linguistica generale presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Catania
Sul num. 15 de «L’Eco dei Monti» del 15 aprile 1906, p. 2 venne pubblicato un componimento poetico – dal titolo N corpö de vëntö e n corpö de destin – formato da tre quartine di endecasillabi a rima alternata, anonimo o, meglio, firmato con uno spiritoso pseudonimo « U zu ia » e cioè lo ‘zio Io’. L’uso del dialetto è impeccabile e lo pseudonimo non serve certo a nascondere l’autore ai lettori. Chiunque, nell’ambiente nicosiano di un secolo fa, era in grado di sapere chi era l’innamorato triste e deluso che possedeva una villa a Valdinora, una contrada del Nicosiano. Dopo un secolo, però, non sarebbe stato facile riconoscerne l’identità se, di lì a qualche mese dalla pubblicazione su «L’Eco», Gaetano Amalfi, Regio Procuratore presso il Tribunale penale e civile di Nicosia, non avesse ripubblicato quel componimento, per un pubblico più vasto, sul num. 12 del «Giambattista Basile. Archivio di Letteratura popolare» (15 dicembre 1906, pp. 89-93, a corredo dell’articolo Nicosia e il suo dialetto, già pubblicato sul numero precedente della stessa rivista: n. 11 del 15 novembre 1906, pp. 81-85), attribuendolo al barone Giuseppe La Motta di Salinella (1882-1967), giovane rampollo di una illustre famiglia della città.
Il testo del La Motta fu pubblicato insieme agli ancora inediti Folipu e Cicoza e A Ferrovia di Carmelo La Giglia, i quali, due anni dopo, nel 1908, verranno a far parte del volume Musa vernacola.Questa la vicenda editoriale del componimento. Ma, a voler ora appagare la curiosità del lettore, è giusto riportare in questa sede il componimento del La Motta. Lo riporto nella ortografia da me ideata per il futuro Vocabolario del dialetto di Nicosia e che presto proporrò anche ai navigatori nicosiani e sperlinghesi che approderanno a “Nicosianews”, dal momento che non è possibile riprodurre anche la ortografia originaria, che è quella ideata per il nicosiano da Mariano La Via e adoperata nella sua opera poetica da Carmelo La Giglia. Segue la traduzione delle singole quartine, anch’essa tratta dal «Giambattista Basile».
N corpö de vëntö e n corpö de destin
Un colpo di vento e un colpo di fortuna
Dananzö dâ mia rroba a Vaudenora
ghj’è n arbölö de mëÙndöla nsciörù
pe nsina a stömatin iera na frora,
tutö de sciörë branchë iera vestù;
Innanzi alla mia proprietà a Valdinora,
c’è un albero di mandorlo fiorito:
fino a stamane era una flora,
tutto vestito di candidi fiori;
Ma öra che cömpà vëntö fëÙ mendita,
de tut’i sciörë lìberö ö spoghjà;
e mëntö stömatin paria na zita
bëndema a talielö fa piatà!
Ma ora che compar vento ha fatto vendetta,
di tutti i fiori totalmente l’ha spogliato;
e mentre stamattina sembrava una sposa,
ora anche (semplicemente) a guardarlo fa pietà!
Göscì ö mia cuorö, che iera namörà,
tutö de cöntentëzzë iera nsciörù;
ma öra che Marözza me ddascià
öra nen godö e mancö spera chjù!
Ö zu ia
Così il mio cuore ch'era innamorato,
tutto di contentezze era fiorito;
ma ora che Maria mi ha lasciato,
ora non gode e neppure spera più!
Il signor Io.
L’Amalfi chiude il suo articolo con questo breve commento: «Quanta delicatezza e quanto affetto!». Un commento che non possiamo non sottoscrivere, ma che nello stesso tempo ci fa porre una domanda: la delicatezza e la bravura compositiva del giovane poeta si esaurirono nell’arco di questo solo componimento?
L’augurio è che la famiglia possa rivelarci dell’esistenza di tanti altri delicatissimi inediti da far conoscere alla comunità e al mondo degli studi.
_______________________________________
pubblicato da Nicosia news il 13 dicembre 2007
di Enza Giangrasso da Nicosia
Demö lödë o pan
Amisgi,
davì volè bien ö pan,
che è ö cuörö da casa,
l’odörö bön, alöra alöra, sförnà,
a pasgiö da tavöla,
dö rricö e dö povareddö.
Davì pörtè rëspieito o pan,
che, ciösö na na spiga peccida,
è a gloria dö prà,
a grazia dö terren,
a festa da vita.
Davì onorè ö pan,
sudörö e vantö de viddaë
e de deö nen fei tristö usö
përché d’ognö giörnö è a ricchezza
è n rregalö santö
pe tute i famigghjë dö möndö.
Enza Giangrasso
Nicosia
tratto da: VIII Rassegna di poesie e prosa in dialetto galloitalico (2006)
a cura dell'Archeoclub d'Italia - sede di Sperlinga (En)
____________________
traduzione:
Diamo lode al pane
Amici,
dovete voler bene al pane,
che è il cuore della casa,
l'odore buono, appena sfornato,
la pace della tavola,
del ricco e del poverello.
Dovete portare rispetto al pane,
che chiuso in una spiga piccola,
è gloria del prato,
la grazia del terreno,
la festa della vita.
Dovete onorare il pane,
sudore e vento dei contadini,
e di lui non fate cattivo uso,
perchè ogni giorno è la ricchezza
è un regalo santo
per tutte le famiglie del mondo.
Enza Giangrasso da Nicosia